5 aprile 2015

Straight Trough My Heart

Primo capitolo di una nuova storia, presto su EFP!



Straight Trough
My Heart



Uno
*** When I Met you ***


Sbuffo.
Sbuffo, sbuffo e sbuffo ancora mentre appendo il mio abito da cocktail di Vera Wang nell'armadio.
Cosa c'è di peggio nel tornare a casa dei proprio genitori, speranzosi di usare la dependance, e ritrovarsi nella propria vecchia cameretta?
Bha, forse sapere che nella dependance c'è un nerd brufoloso che suona la chitarra. Oh, e magari passa tutto il suo tempo attaccato ai videogames... lo odio, lo odio, lo odio. Scommetto che è uno di quei tizi alti e così magri che un soffio di vento li fa ribaltare, e che non ha nemmeno mezzo muscolo, che porta gli occhiali da vista e ha il viso pieno di brufoli.
Mamma dice che è tanto carino... ma lei trova carini anche i bambini che al ristorante si puliscono le mani sporche di crema alle zucchine sul tuo trench da ottocento dollari. Io li strozzerei, invece. Il Nerd, i bambini e mia madre.
«Ranocchietta?»
Aggiungo anche papà alla lista delle persone da strozzare, mi chiama in quel modo da vent'anni ormai. Non sono più una ranocchietta, cavolo.
«Sì?» domando uscendo dalla mia stanza e lo vedo in fondo al corridoio.
«Andiamo da Jacob's per le otto e un quarto.» mi ricorda.
«Va bene.» dico, anche se vorrei solo urlare e rientro in camera anche se vorrei fuggire. È venerdì sera e io dovrei uscire con gli amici, girare per locali, ballare, divertirmi, bere, ballare, divertirmi e sperare che ci sia un taxi libero che mi riporti a casa.
Prendo una maglia dalla valigia e la fisso, con orrore. È quella che mi ha regalato la mamma di quel brutto figlio di buona donna del mio ex fidanzato. Dio, avrei voglia di strozzare anche lui. E anche la segretaria con cui mi ha messo le corna e per cui mi ha piantato, una sera di un mese fa, mentre cenavamo tranquillamente.
Lo sapevo che la crostatina con la crema alla Nutella che mi aveva portato due giorni prima era un brutto segno, un bruttissimo segno, ma io i cosiddetti "segnali premonitori" non li colgo, non ne sono capace e, quando riesco a coglierli... li ignoro.
Però mi sono vendicata... altroché se l'ho fatto. Per prima cosa ho buttato qualche suo vestito giù per il condotto della spazzatura, poi ho preso uno dei cacciaviti che il cretino del mio ex si ostinava a comprare ma non usare mai e l'ho usato per tracciare delle belle linee quasi parallele da una parte all'altra della fiancata della sua auto, una comunissima utilitaria, anche se potrebbe comprarsi una Ferrari.
Il mio ex è anche tirchio, quell'imbecille.
Comunque non mi sono fermata lì: sul cofano, usando sempre il cacciavite, ho scritto: spero che non ti tiri più.
Afferro un paio di forbici e taglio la maglietta, creando un paio di stracci che userò per pulire il gabinetto.
Oh... ma mi sono vendicata anche della sua segretaria... una mattina ho portato fuori Neve, il collie della signora che abitava nell'appartamento sotto al quale vivevamo io e quell'ambea del mio ex e... ho raccolto la montagna di cacca che quella bestiola tanto simpatica ha prodotto. Poi sono corsa nel grattacielo dove lavoravamo sia io che il mio ex e ho trovato la macchina di quella e le ho spalmato la cacca su tutte le maniglie delle portiere. E anche sul tettuccio perché quell'idiota ha sempre avuto l'abitudine di posare la sua borsa da cinquemila dollari sul tettuccio dell'auto prima di aprirla.
Guardo la mia valigia: vuota. Oh... ho già sistemato tutto? Perfetto, posso andare a farmi un bel bagno. A New York vivevamo in un buco e in bagno avevamo solo la doccia. E pure piccola.
Un'ora dopo, alle sette e un quarto, sono pronta per vestirmi.

***
«Allora... Lindsay, dove hai lasciato il tuo fidanzato?»
Persone che strozzerei volentieri: l'Ambea, la segretaria, il Nerd brufoloso che strimpella, mia madre, mio padre, i bambini e George, il collega di mio padre.
«Mi ha messo le corna con la sua segretaria.» ribatto, asciutta e spero che il pesce spada gli vada di traverso, «E lei, lei ha mai messo le corna a sua moglie?» domando, sbattendo le ciglia e dipingendomi un sorriso innocente sul volto.
«Lindsay!»
Questa è mamma.
«Ranocchietta!»
Questo è papà.
Il silenzio è di George e della sua consorte che lo sta fissando, in attesa che risponda. Le cose sono due: o George è fedele o non lo è.
Io, dato che tutti gli uomini sono stronzi, propendo per la seconda.
«Allora?»
Questa sono io e mi rivolgo a George.
Lui tossicchia, passa l'indice destro nel collo della camicia, tossicchia, beve il vino e finalmente risponde: «No.»
«Ah, bene.» dico io. Mente, lo so. «Ne è sicuro?» chiedo, «Veramente sicuro?» continuo e prendo un sorso di vino, «Sicuro sicuro?»
«Lindsay!»
«Ranocchietta!»
«Era solo una domanda!» sbotto io, «Un'innocente domanda...»
E la cena è rovina, lo so.
«Ranocchietta... non sono domande da farsi!» mi rimprovera papà mentre torniamo nella nostra mega-villa a picco sull'oceano.
«Eh, ma è lui che ha cominciato...» dico io, incrociando le braccia, «Lo sapeva vero?»
«Sì.» dice mia madre, una delle donne più pettegole dell'intera contea di Dale.
«Ecco, allora il coglione è lui.» ribatto io, «Poteva pure tacere, eh.»
I miei genitori tacciono.
E io penso che, se mi trovassi davanti quella scimmia del mio ex, probabilmente gli sparerei. E toglierei tutti i punti della blefanoplastica, il filler, il silicone che invade il corpo di quella stronza della segretaria, rendendola di nuovo biodegradabile.
Poi le sparerei, ovvio.
Sono violenta?
Svetlana dice che sono stressata e isterica, che avrei bisogno di una “sana scopata”, così tornerei ad essere l'agnellino che sono sempre stata. Peccato che io non sia mai stata un agnellino, proprio mai.
Né alle elementari, né alle medie o al liceo o all'università.
Una volta ritornati a casa mi fiondo in camera mia, seguita dalle domande dei miei che mi chiedono se sto bene. Guardo fra le listarelle delle persiane e fisso la finestra di fronte alla mia. È tutto buio. O il Nerd dorme alle undici di sera, brutto sfigato, oppure è in giro. Cretino di un Nerd. Lo picchierei anche se non lo conosco.
***
Avrei voluto la dependance per poter ingozzarmi di gelato e piangere davanti a un film deprimente. Invece mi tocca starmene nella mia stanza, con mamma e papà che mi chiedono continuamente come stia.
Mamma, papà, allora: mi sono messa con Josh quando avevo vent'anni, dopo sei mesi siamo andati a vivere insieme e dopo poco più di tre anni di relazione... lui mi ha messo le corna e mi ha piantato dicendomi che non mi amava più, che vedeva un'altra da sei mesi e che era meglio lasciarci.
E io avrei voluto piantargli il coltello in mezzo agli occhi.
Quindi... come volete che stia?
E in più... il Nerd sta suonando la chitarra. Alle nove del mattino. Di domenica. Dio, lo ucciderei spaccandogli la chitarra in testa.
Lancio via i cuscini, mi alzo e vado verso la porta finestra, guardando quella di fronte, quella della stanza del Nerd. Faccio scorrere la porta finestra e percorro a grandi passi la breve distanza che ci separa.
«Vuoi smetterla?» sbraito battendo il pugno sul vetro, «Te la ficco nel cu-»
La porta finestra si apre.
«Sì?»
E questo è il Nerd brufoloso? Oh. Mio. Dio.
«Piantala di suonare.» dico, puntando lo sguardo sul suo viso, «Io vorrei deprimermi in pace e tu, con la tua musichetta allegra, me lo impedisci.»
«Tu devi essere Lindsay.» dice lui. «Io sono Ryan.»
«E chi se ne frega?» sbraito. «Smettila di suonare.»
«Tua madre mi ha detto che posso farlo.» ribatte lui, incrociando le braccia muscolose.
«E io ti dico che voglio deprimermi in pace.» quasi grido.
Lui ridacchia e cavolo, la voglia di prenderlo a sberle è molto forte. Così mi limito a girare i tacchi e tornare in camera mia.
«Bel pigiama.»
Che cosa? Che cosa?
Decido di ignorarlo e proseguo, ho appena aperto la porta finestra quando lui riprende a suonare.
«Piantala di suonare!» urlo, svegliando probabilmente mezzo vicinato.
Ryan è seduto sul muretto che divide una parte della terrazza e sta suonando. «Perché ti vuoi deprimerti?» mi chiede, «È così triste...» dice.
«Ho concluso una storia dopo tre anni.» ribatto. «È un motivo valido, Sua Maestà?» sbotto.
«Perché?» chiede, «Perché è finita?»
«Perché mi ha messo le corna con la segretaria!» grido.
«Uh, il classico cliché.» commenta lui e suona un paio di accordi. «Magari è pure più giovane di te...» e mi guarda e la voglia di spaccargli la faccia arriva ai massimi livelli.
«Ma quale cliché.» sbotto. «Io ho ventitré anni, lui ne ha venticinque e quella puttana ne ha cinquantacinque!» grido, svegliando i vicini che ancora dormivano.
«Oh.» fa lui.
«Oh cosa, di grazia?» faccio io.
«Oh... niente.» fa lui e scuote la testa. «È così umiliante e triste essere traditi con una persona che ha trent'anni più di te.» dice, «Potrebbe essere sua madre...» infierisce ancora, «Magari gli farà da nave scuola...»
Oh, ma allora è proprio stronzo.
«Vaffanculo.» esclamo e rientro in camera, chiudo le imposte, la porta finestra e mi getto sul letto.
Ryan non sarà un nerd brufoloso, ma è un grande stronzo.
«Lui è una persona davvero irritante anche se ha degli occhi azzurri meravigliosi, aveva un sorriso che avrei voluto togliergli con due schiaffi... mi guardava come... come... Dio, aveva una maglietta attillata che metteva in risalto i muscoli e continuava a prendermi per il culo e suonava, suonava, sorridendomi con quelle labbra carnose... si crede un gran figo solo perché ha degli zigomi alti e suona la chitarra...» dico alla mia amica Svetlana.
«Dev'essere un gran figo, questo Ryan.» commenta lei.
«Ma quale figo!» sbotto, «È stronzo e basta.»
«Lo hai detto tu che è figo.» dice lei.
«Mai detto.» ribatto.
Lei ridacchia, «Oh, sì che lo hai fatto.» dice, «Fra un insulto e l'altro hai infilato la descrizione di questo gran bel pezzo di ragazzo.» continua, «Occhi azzurri meravigliosi, un bel sorriso, maglietta attillata che mette in risalto i muscoli, labbra carnose...»
«Ma piantala.» faccio io. Davvero ho detto tutte ste cose? Cavolo, devo proprio essere messa male, se le penso.
«Scommetto che sai anche com'è il suo culo.»
Io guardo fuori dalla porta finestra, fissando Ryan che si china per raccogliere qualcosa. «Sodo.»
«Ecco, lo sapevo!» squittisce lei. «Ti sei presa una cotta.»
«Sparami, ti prego.» le dico. «Ho chiuso con gli uomini.»
«Dicono tutte così...»
«Io sono seria.» dico.
«Sì, sì.» esclama lei, «Tempo un mese e vi rotolerete nel letto.» dice, «Adesso vado, mamma mi aspetta a pranzo.» aggiunge e riattacca.
Sospiro e getto il telefono sul letto.
Ryan si china ancora, il sedere rivolto verso di me... è veramente sodo.
Sono tornata a Miami da quasi tre giorni e fuggirei al Polo Sud. Ryan suona, i miei sono troppo gentili e io mi rompo le palle. Poi squilla il telefono, che rompe il silenzio di questa domenica pomeriggio.
«Casa Mars.» dico, educata.
«Lindsay? Sono Melanie.»
Melanie? E questa chi cazzo è? «Sì. Ciao, Melanie.» dico, «Da quando non ci sentiamo?» faccio, nella speranza che mia dia un indizio, perché io non so chi sia, questa Melanie. Da dove salta fuori? Cavolo, la mia vita sociale è sempre stata frenetica, fin dalle medie e ho conosciuto un sacco di gente.
«Da quando è finito il liceo.» ridacchia lei, con la risata da topino.
Ah, quella Melanie! «Oh, già.» commento. «Come mai mi chiami?»
«Oh... bhe, sai... Ryan canta al Soleil mercoledì sera, volevo sapere se potevi farmi entrare..»
Ah, la solita Melanie. Sempre a chiedere favori: “Mi passi gli appunti? Mi puoi dare una spintarella nelle cheerleader? Puoi dire a Tim che mi piace? Puoi dire ad Anastacia di smetterla di prendermi in giro?”. «Chi è sto Ryan?» chiedo.
«Non sai chi è?» domanda lei e la odio, lei e la sua voce da gallina stitica. «Ryan Messer, cantautore e chitarrista.» dice.
«Ah, ho capito.» dico, «Uh, bhe, devo chiedere a mamma...»
No, fermi tutti. Ryan Messer. Chitarrista. Ryan. Chitarra. Ryan, il non-Nerd, suona la chitarra.
Merda.
«Oh, sì, okay.» dice, «Allora... bhe, fammi sapere.» aggiunge, «Vivo con i miei e il numero è lo stesso.»
«Va bene.»
«Allora ciao.»
E riattacca.
Ma l'educazione l'hanno persa?
Deglutisco.
Afferro il portatile e spingo il pulsante per accenderlo. Solo che rimane spento. Cerco il filo del caricabatteria ma non lo trovo. Dove. Cazzo. È?
Okay, no problem, c'è il fisso nell'ufficio di papà.
Dopo che il computer si è acceso e collegato a internet, digito il sito del locale.
La parte centrale dell'home page è divisa in due: a sinistra i prossimi eventi, a destra la locandina di mercoledì sera, guardo la foto e deglutisco: stessi occhi azzurri, stesse labbra carnose, stessi capelli più castani che biondi, stesso sorriso che leverei con una smerigliatrice...
Porca... Ryan che vive nella dependance è lo stesso Ryan che suonerà e canterà mercoledì sera al Soleil.
Ryan Messer e i JCAL. Che nome idiota.
Oh, merda.
Persone che strozzerei: mamma, papà, George e consorte, Ryan, i bambini rompi palle, l'Ambea, la Rifatta e Melanie.
Melanie Green, ecco come si chiama l'idiota dalla vocetta isterica.
In questo momento, alle dieci di domenica sera, sono qui, in camera mia invece di essere in giro a bere, ballare, gridare che mi fanno male i piedi, bere, ballare, bere e ballare.
Sono seduta sul mio letto, il portatile davanti a me — il filo del carica batteria era finito sotto al letto — e sto curiosando nel profilo Facebook della carissima Melanie che, evidentemente, ignora le opzioni della privacy di Facebook.
Apro un album che si chiama “Io e Ryan ♥” e giuro che non so se: ridere, piangere o denunciarla alla polizia. Oppure se fare tutte e tre le cose.
Insomma, Melanie è un tantino fissata, con Ryan. Cioè... lo ha visto diciannove volte e okay, però... l'album è di duecentoventi foto, per cui, tolte le diciannove foto in cui la scema è con lui, fanno ben... duecento e una foto di collage di quelle diciannove foto. La cosa è estremamente inquietante.
E le scritte che le accompagnano... “Io e Ryan Martedì 20 Maggio 2014 ♥♥♥♥♥♥”
Quella sequenza di cuoricini è... rivoltante.
Anche gli altri album sono inquietanti, sopratutto quello delle risposte/retweet/preferiti ricevuti dal tizio che occupa la dependance.
La cosa peggiore è che condivide le foto ad ogni fottuto “anniversario ♥”. Ad ogni mesiversario Melanie condivide la foto, accompagnandola da una montagna di cuoricini, stelline e cuoricini.
Dio, Melanie è una stalker del cazzo.
Un qualcosa, della roba sdolcinata che condivide, mi fa supporre che quelle frasi che trasudano unicorni che vomitano arcobaleni sia per... Ryan. Chissà se lo sa...
Oh, non sono affari miei, dopotutto. Il portatile emette un trillo allegro che odio, altroché se lo odio, e clicco sull'icona di Skype. Svetlana appare in tutto il suo splendore: capelli biondissimi, occhi azzurri e pelle perfetta.
«Ehi!» fa e agita la mano, «Allora come va con il bel vicino?»
«Lo odio.» dico, «Ha suonato per tutto il pomeriggio...»
«Almeno è bravo?» ride lei, «Perché sai, un bel ragazzo è una cosa buona e giusta, uno che è bravo a suonare la chitarra lo è ancora di più...» ride ancora.
«Suona un po' troppo, per i miei gusti.»
«Ma è bravo sì o no?» chiede lei, «Perché sai,» abbassa la voce e avvicina il viso alla web cam e i suoi occhi appaiono ancora più grandi, «sai... si dice che chi suoni bene la chitarra sappia muovere bene le dita anche su alcune parti del corpo di una donna...»
«Svetlana!» esclamo, «Ho chiuso con gli uomini!» le ricordo e giuro che è vero, possano cascarmi tutte le unghie dei piedi se sto mentendo.
Lei ride, «Dicono tutte così...» dice e agita la mano, «Devo andare, stella, ci vediamo!» schiocca un bacio e poi chiude la comunicazione.
Sospiro.
Io ho chiuso con gli uomini, non m'importa di quanto sia bravo Ryan a suonare la chitarra...
E lo è, sul serio, è dannatamente bravo.
Non dovrei pensare certe cose, di Ryan. È solo un tizio che canta e suona e che, per mia grande sfortuna, occupa la dependance.
Mi ritornano in mente le sue dita mentre si muovono sulle corde della chitarra e per un attimo penso a quello che mi ha detto Svetlana.
No, Lindsay. Tu hai chiuso con gli uomini, non devi pensare a Ryan. Alle mani di Ryan. Agli occhi di Ryan o a qualunque altra parte del corpo di Ryan.
Ritorno al profilo di Melanie e trovo l'indirizzo del suo blog. Clicco e la pagina che si apre è un tripudio di rosa, cuoricini rossi, arcobaleni che spuntano da nuvolette bianche, stelline e fiorellini vari.
Oh, usa il Comic Sans. Bleah.
Ogni post è scritto in un colore diverso: verde, giallo scuro, rosso, blu, viola, celeste, arancione.
Oh. Mio. Dio.
“Mercoledì 21 Maggio 2014
Ieri sera ho rivisto Ryan e lui era così bello che mi guardava con i suoi occhi bellissimissimi... io lo amo tanto! So che abita qua in zona ma il suo nome non c'è nell'elenco telefonico e io vorrei avere il suo numero perché lo amo tanto mi ha salutato e mi ha detto “Ciao Melanie!” e la sua voce tremava... magari è innamorato di me
Melanie è fuori come un balcone... insomma, primo non sa scrivere, poi è proprio necessario fare i cuoricini di colori diversi?
Cacchio, se la porto lì come minimo lo sbaciuciucchia tutto. Povero Ryan.
No, ma quale povero Ryan?
Io lo odio.
Io odio tutti.

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